Per la maggior parte dei talassemici la sopravvivenza dipende da continue trasfusioni di sangue, una pratica indispensabile, ma con un importante effetto collaterale: l'accumulo di ferro a livello del cuore, potenzialmente mortale. Le complicanze cardiache infatti rimangono la prima causa di morte in questa popolazione. Fino a qualche anno fa l'entità dell'accumulo di ferro cardiaco non poteva essere misurata.
Ora, grazie ad una tecnica innovativa di risonanza magnetica chiamata "T2* (leggi T2 star) multislice" si può invece avere una misura esatta e senza metodi invasivi. Prima dell'arrivo di questa tecnologia la misurazione dell'accumulo di ferro cardiaco si basava su indicatori poco specifici e sensibili e per i quali è stata ormai provata l'inefficacia ai fini di un'accurata valutazione. In genere la terapia chelante veniva prescritta senza conoscere il reale carico di ferro a livello cardiaco, presupponendo che c'era verosimilmente un accumulo, ma senza sapere quanto. Era difficile personalizzare le terapie e i malati andavano ancora incontro frequentemente a scompensi cardiaci anche mortali. La diffusione di questa nuova tecnologia invece, l'unica che può quantificare l'accumulo di ferro su tutto il ventricolo sinistro semplicemente facendo una risonanza magnetica, consente di tagliare la terapia su misura del malato.
Di questo nuovo procedimento diagnostico, avviato sperimentalmente nel 2005, si è ormai verificata la precisione, la riproducibilità ed anche la trasferibilità, tanto che è stato brevettato a livello internazionale ed è richiesto da operatori del settore a livello nazionale ed internazionale.